Mostra del Cinema di Venezia 2025, La grazie di Paolo Sorrentino: trama, cast e recensione del film d’apertura

Mostra del Cinema di Venezia 2025, La grazie di Paolo Sorrentino: trama, cast e recensione del film d’apertura

Mostra del Cinema di Venezia 2025, La grazie di Paolo Sorrentino: trama, cast e recensione del film d’apertura Photo Credit: Biennale Cinema


Il potere, l’eutanasia e l’amore perduto. L’autore torna al Lido in pompa magna provando a vincere il Leone d’oro

Di cosa parla il nuovo film di Paolo Sorrentino? E soprattutto: che tono ha?

Sono le domande che hanno accompagnato la proiezione ufficiale della sua ultima, attesissima opera. Dopo il successo di Parthenope, uscito lo scorso autunno e applaudito anche al botteghino, il regista napoletano torna a sorpresa con un nuovo film: La Grazia. Un titolo che non passa inosservato e che arriva con un compito tutt’altro che semplice: aprire la Mostra del Cinema di Venezia e, perché no, puntare dritto al Leone d’Oro. Sorrentino a Venezia gioca praticamente in casa. Era il 2001 quando, ancora sconosciuto al grande pubblico, debuttava al Lido con L’uomo in più, in una sezione collaterale chiamata Cinema del Presente. Alla guida della Mostra c’era già Alberto Barbera, oggi ancora al suo fianco: una sorta di padre simbolico per il suo percorso cinematografico. Da allora è cambiato tutto. Oscar, premi internazionali, lo stile unico e inconfondibile. Ma ora, dopo il Leone d’Argento conquistato nel 2021 con È stata la mano di Dio, Sorrentino sembra voler tornare alle origini


LA GRAZIA, LA TRAMA IN BREVE 

Il regista partenopeo torna a raccontare i palazzi del potere. Questa volta ci porta al Quirinale, ma non per mettere in scena una figura realmente esistita che ha segnato la storia – come accadeva con Il Divo. Al centro del racconto c’è un Presidente della Repubblica fittizio, interpretato da un immarcescibile Toni Servillo, ancora una volta simbolo del cinema sorrentiniano. Il Presidente è entrato nel suo semestre bianco: gli ultimi mesi di mandato, quelli in cui non può più sciogliere le Camere. È un uomo sobrio, elegante, cattolico, con un passato democristiano. Il suo soprannome? “Cemento armato”, per la fermezza con cui ha attraversato anni difficili senza mai perdere il controllo. Ma ora, mentre si avvicina il momento di tornare alla vita da privato cittadino, il Presidente si trova davanti a dilemmi personali e politici. Tra i ricordi struggenti della moglie scomparsa e il peso di un bilancio esistenziale, è chiamato a prendere una decisione delicatissima: firmare – o rifiutarsi di firmare – una legge sull’eutanasia. Una scelta che mette in discussione tutto: la fede, la coscienza e il rapporto con sua figlia (Anna Ferzetti) 


LA GRAZIA, LA RECENSIONE

Molto meno estetizzante e privo dei consueti guizzi visivi emozionanti a cui ci aveva abituati, stavolta Paolo Sorrentino sceglie una strada diversa. Fa goal puntando tutto sull’intreccio e sulla forza della narrazione. Il suo stile resta riconoscibile: grottesco, a tratti ironico, ma è come se l’onirico e il surreale – elementi distintivi della sua poetica – cedessero il passo a un realismo più netto, asciutto, quasi disilluso. La Grazia è uno dei suoi film più politici. Non solo per i temi affrontati, ma per lo sguardo lucido e diretto con cui li mette in scena. Al centro, il dibattito sull’eutanasia, trattato con delicatezza ma senza ambiguità. Attorno, un interrogativo più ampio e profondamente attuale: cosa significa oggi essere davvero progressisti? Sorrentino sembra dirci che non basta proclamarsi innovatori, non basta inserire elementi di facciata – come un Papa nero o una società ipertecnologica – per definirsi riformisti. Il vero cambiamento si misura nelle idee e, soprattutto, nel coraggio di metterle in pratica, anche quando sono impopolari, anche quando costano caro. E poi, come sempre nel suo cinema, c’è l’amore, in tutte le sue declinazioni: nostalgico, perduto, rimosso, impossibile. Un sentimento che attraversa i personaggi come un fiume carsico, spesso invisibile, ma sempre presente. Tra le immagini più evocative del film, spicca quella in cui Toni Servillo, in un gesto sospeso tra poesia e impossibilità, tenta di afferrare con la mano una lacrima che fluttua in assenza di gravità. In questa prova, l’autore sembra abbandonare il consueto virtuosismo visivo per cercare la poesia nella sostanza del racconto, più che nella forma.

Un film meno barocco, ma non per questo meno potente. Sorrentino sceglie di tornare all’essenza del racconto, dimostrando che la vera grazia sta nella capacità di affrontare le grandi domande del nostro tempo con coraggio e sincerità. Forse è proprio nella sua essenzialità che il regista partenopeo riesce a colpire più a fondo.


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