Mostra del Cinema 2025, Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi: trama e recensione del film in Concorso

Mostra del Cinema 2025, Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi: trama e recensione del film in Concorso
30 agosto 2025, ore 18:00
Tra il Golfo di Napoli e il Vesuvio, il regista filma un territorio attraversato da abitanti, devoti, turisti, archeologi che scavano il passato
È l'ultimo italiano ad aver vinto il Leone d'Oro. Era il 2013 quando, alla Mostra del Cinema di Venezia, il regista Gianfranco Rosi trionfava con Sacro GRA, un racconto che univa poesia e realismo per raccontare la vita ai margini del Grande Raccordo Anulare di Roma. Da allora non si è certo fermato. Anzi, nel 2016 è riuscito a portare a casa anche un Orso d'Oro con Fuocoammare, un altro lavoro capace di toccare il cuore del pubblico e della critica internazionale. Oggi, alla Mostra del Cinema, Rosi torna in concorso con la sua ultima fatica cinematografica, intitolata Sotto le nuvole.
SOTTO LE NUVOLE, LA TRAMA
Tra il Golfo di Napoli e il Vesuvio, la terra talvolta trema, le fumarole dei Campi Flegrei segnano l’aria. Le rovine sottostanti, le ville romane ormai subacquee, Pompei, Ercolano, raccontano un futuro che c’era, sepolto dal tempo. Sulle tracce della Storia, delle memorie del sottosuolo, in bianco e nero, una Napoli meno conosciuta si popola di vite. Sotto le nuvole c’è un territorio attraversato da abitanti, devoti, turisti, archeologi che scavano il passato; da chi, nei musei, cerca di dare ancora vita e senso a statue, frammenti, rovine. La circumvesuviana attraversa il paesaggio, cavalli da trotto si allenano sulla battigia. Un maestro di strada dedica il suo tempo al doposcuola per bambini e adolescenti, i vigili del fuoco vincono le piccole e grandi paure degli abitanti, le forze dell’ordine inseguono i tombaroli, mentre, a Torre Annunziata, navi siriane scaricano grano ucraino. Una squadra di archeologi giapponesi scava da vent’anni Villa Augustea: raccoglie semi, ossa, storie di sedimenti. I turisti vanno per le rovine di Pompei, i devoti strisciano nel santuario della Madonna dell’Arco, gli ex voto e le cripte raccontano il credo di un mondo che sopravvive.
La terra intorno al Golfo è un’immensa macchina del tempo.
SOTTO LE NUVOLE, LA RECENSIONE
Il cinema di Gianfranco Rosi, che da sempre affida la sua narrazione alla forza della realtà e alla spontaneità dei suoi protagonisti, si trova in Sotto le nuvole a una biforcazione tra il suo consueto approccio documentaristico e la ricerca di un linguaggio che, paradossalmente, sembra svuotarlo di autenticità. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2025, il film, pur rivelando alcune intuizioni interessanti, finisce per risultare un mosaico disorganico, sospeso tra tentativi di riflessione e una forma che non trova mai un vero senso di compiutezza. Una delle scelte più evidenti riguarda l’uso del bianco e nero. La decisione di rinunciare ai colori, pur potendo avere un effetto estetico interessante, si rivela un ostacolo alla fruizione e all’immedesimazione. La realtà si appiattisce, priva di quella dimensione visiva che avrebbe potuto rivelare sfumature e contrasti più profondi. Anziché avvicinare lo spettatore alla realtà, il bianco e nero tende a crearne una distanza, una sorta di filtro che sfuma e astrae il mondo che Rosi intende raccontare. Il suo sguardo, sempre affilato e sensibile, è capace di restituire l’essenza di un mondo in movimento, dove la bellezza della realtà è catturata attraverso un'accurata scelta compositiva e una messa in scena che non smette mai di sorprendere. Fin dai primi fotogrammi, il film si distingue per la sua cura nell'assemblare le immagini, per la luce che accarezza gli spazi e per la sensazione di sospensione che sa evocare. Un’altra critica fondamentale riguarda la gestione dei protagonisti, che, come sempre nel cinema di Rosi, sono attori per caso e per necessità. Tuttavia, in Sotto le nuvole, questa scelta perde di naturalezza e compostezza. Quando Rosi chiede ai suoi protagonisti di interpretare un ruolo che va oltre la semplice partecipazione come testimoni della realtà, qualcosa si rompe. L’autenticità e la genuinità che avevano caratterizzato lavori precedenti, come Notturno, in cui la presenza degli "attori per caso" sembrava spontanea e senza forzature, qui si perdono. I protagonisti sembrano più costretti, quasi incerti nel loro ruolo, e il film perde di credibilità in quei momenti in cui la finzione si sovrappone alla realtà. Se nel recente passato, con Notturno, Rosi aveva trovato una misura perfetta tra realtà e messa in scena, in Sotto le nuvole questa alchimia appare mal gestita. Il risultato è una sensazione di artificiosità che mina la forza del racconto e allontana lo spettatore dalla narrazione. Il film, poi, sembra rifiutare di andare più a fondo in uno degli spunti più interessanti e potenti: le telefonate ai pompieri, quelle voci che oscillano tra il comico e il tragico, tra il surreale e l’assurdo. In quelle telefonate, che raccontano frammenti di vita quotidiana, c’è una verità che Rosi sembra voler sfiorare senza però mai affrontarla davvero. Quello sarebbe stato il cuore pulsante del film, la dimensione più autentica e senza filtri, eppure resta un’idea non sviluppata, un’incompiutezza che rappresenta una delle principali delusioni del lavoro. La realtà, nelle sue espressioni più grezze e inaspettate, avrebbe potuto essere la vera protagonista, ma questa possibilità viene sacrificata a favore di una ricerca formale che, seppur interessante, non riesce a coinvolgere emotivamente. È un film che lascia tanto da desiderare, soprattutto perché ci si rende conto che il vero racconto – quello delle voci invisibili, dei piccoli drammi quotidiani – è quello che Rosi, consapevolmente o meno, ha scelto di non raccontare.