Milano, Sala non si dimette, Tancredi sì. Il Sindaco: “Io ci sono e vado avanti, le mie mani sono pulite”

Milano, Sala non si dimette, Tancredi sì. Il Sindaco: “Io ci sono e vado avanti, le mie mani sono pulite”

Milano, Sala non si dimette, Tancredi sì. Il Sindaco: “Io ci sono e vado avanti, le mie mani sono pulite” Photo Credit: Agenzia Fotogramma


Dopo la notizia del coinvolgimento nell’inchiesta sul capoluogo lombardo, il primo cittadino non lascia e si difende con un “discorso programmatico” per i prossimi due anni di legislatura. L’assessore alla Rigenerazione urbana invece abbandona l’incarico

Come previsto, fuori l’aula contestazioni e grida ‘dimissioni, dimissioni’, una manifestazione di protesta insomma, in particolare di Potere al popolo, dentro il sindaco Sala, in un lungo intervento, con alcune tensioni con i consiglieri di opposizione, ma soprattutto con il no alle dimissioni. Il passo indietro invece è arrivato dall’’assessore alla Rigenerazione urbana Tancredi, per il quale ha Procura ha chiesto gli arresti domiciliari (mercoledì, lo ricordiamo, si svolgeranno gli interrogatori di garanzia).

L’intervento

Sala dunque ha affermato di avere le mani pulite, ha negato qualsiasi interesse personale, ha rivendicato azioni di governo unicamente nell’interesse dei cittadini, ha sottolineato che tutte le notizie dell’indagine che lo coinvolge gli sono arrivate soltanto tramite i media, e ha affermato l’esigenza di mantenere gli impegni con gli elettori.

Le opposizioni

E il discorso del Sindaco in aula è stato più volte e in più punti interrotto dalle opposizioni. Botta e risposta soprattutto con il consigliere FdI Enrico Marcora, peraltro già candidato nella lista Sala, che aveva diffuso una foto del primo cittadino con una tuta a righe bianche e nere, tipica dell'iconografia della persona carcerata. «Da certa politica - ha detto Sala - ho rilevato atteggiamenti sgraziati e maleducati».

L’accusa

Una standing ovation ha accolto le parole di Sala, ma sul campo restano le ipotesi di reato della nuova inchiesta.

Traffico di influenze illecite

Di tutti i reati contestati questo è il più «giovane» poiché riscritto nel 2024 in seguito all'abolizione voluta dal governo Meloni e dal ministro Nordio del vecchio abuso d'ufficio. Il riferimento va all'articolo 346-bis del codice penale: «Chiunque...utilizzando intenzionalmente relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio...indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità economica, per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio...in relazione all'esercizio delle sue funzioni...è punito con la pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi». Il confine con la corruzione è abbastanza labile. La contestazione in questa caso riguarda un architetto che era stato componente della commissione paesaggio.

False dichiarazioni sulla qualità personali o altrui

«Chiunque...interrogato sulla identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell'altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione da uno a cinque anni»: così recita l'articolo 496 del codice penale. È l'articolo che cerca di reprimere i cosiddetti «conflitti di interesse» e viene contestato al presidente della commissione paesaggio Giuseppe Marinoni che non portò alla luce gli incarichi ricevuti da privato. Ma anche al sindaco Sala e all'assessore Tancredi perché - secondo i pm -, pur a conoscenza degli incarichi di Marinoni lo confermarono al vertice della commissione paesaggio.

Corruzione

Vecchia conoscenza delle inchieste sugli intrecci tra affari e politica prescrive che: «Il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da tre a otto anni». Questa formulazione è figlia della legge Severino del 2012 che ha meglio definito quando il «pubblico ufficiale» incorre nei rigori della legge. Nell'inchiesta milanese la corruzione è contestata di nuovo a Marinoni come «atto contrario ai doveri d'ufficio» proprio per non essersi astenuto dall'esaminare pratiche che provenivano dalle aziende da cui aveva ricevuto incarichi e consulenze. ma anche al «pool» di costruttori che quelle consulenze pagavano.

Induzione indebita a dare o promettere utilità

Ci muoviamo sempre nell'ambito della corruzione ma questa specifica è figlia dello «spacchettamento» operato nel 2012 con la legge Severino. Dice: «il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi». Una pena più pesante, dunque, rispetto alla semplice corruzione e che punisce chi esercita pressioni su privati. La procura individua questo illecito nel comportamento dell'assessore Tancredi che faceva leva sul presidente della commissione paesaggio per propiziare il via libera a progetti di costruttori e progettisti.



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