
Migranti, la Corte europea contro il governo italiano: “I Paesi sicuri devono essere valutati dai giudici” Photo Credit: AnsaFoto.it
01 agosto 2025, ore 14:36 , agg. alle 15:49
Il riferimento è al protocollo con l’Albania. Duro Palazzo Chigi: «La giurisdizione rivendica spazi che non le competono». Ma l'Anm: «Dimostrato che nessuno remava contro l’esecutivo»; e Schlein: “Meloni si assuma la responsabilità di scelte illegali”
Il caso su cui si è espressa oggi la CORTE di Giustizia è stato deferito a novembre scorso dal Tribunale ordinario di Roma in merito al caso di due cittadini del Bangladesh, soccorsi in mare dalle autorità italiane e condotti in un centro di permanenza in Albania, da dove hanno presentato una domanda di protezione internazionale. La loro richiesta, come si legge nella sentenza, è stata esaminata dalle autorità italiane "secondo la procedura accelerata di frontiera ed è stata respinta in quanto infondata, con la motivazione che il loro paese d'origine è considerato 'sicuro'.
Il Tribunale
I ricorrenti hanno impugnato la decisione di rigetto dinanzi al Tribunale ordinario di Roma, che si è rivolto alla CORTE di giustizia per chiarire l'applicazione del concetto di paese di origine sicuro e gli obblighi degli Stati membri in materia di controllo giurisdizionale effettivo. Il giudice del rinvio sostiene che, contrariamente al regime precedente, l'atto legislativo dell'ottobre 2024 non precisa le fonti di informazione sulle quali il legislatore italiano si è basato per valutare la sicurezza del paese". Pertanto, concludono i giudici europei, "sia il richiedente sia l'autorità giudiziaria si troverebbero privati della possibilità, rispettivamente, di contestare e controllare la legittimità di siffatta presunzione di sicurezza, esaminando in particolare la provenienza, l'autorità, l'affidabilità, la pertinenza, l'attualità e l'esaustività di tali fonti". Come viene chiarito, la CORTE "non risolve la controversia nazionale": spetta ora ai giudici del Tribunale ordinario di Roma "risolvere la causa conformemente alla decisione della CORTE". Tale decisione tuttavia "vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile".
Il Protocollo
La sentenza della Cedu riguarda il cosiddetto "Protocollo Italia-Albania" promosso dal governo italiano. Dopo un accordo stretto nel 2023 tra la premier Giorgia Meloni con l'omologo Albanese Edi Rama, l'Italia ha costruito due centri, un hotspot e un centro per il rimpatrio, sul territorio albanese, con l'obiettivo di ospitare migranti a cui sia stata respinta la richiesta d'asilo, per essere rimpatriati verso i paesi d'origine definiti sicuri dalla legge italiana. In breve, la CORTE riconosce allo Stato membro sia la prerogativa di eseguire una procedura accelerata di frontiera, sia di individuare, tramite atto legislativo, la lista dei Paesi sicuri. Ciò che non può fare, è ignorare quelle informazioni che consentirebbero di designare quel Paese come "non sicuro". Tali fonti di informazione poi "devono essere accessibili al richiedente e al giudice nazionale". Uno Stato membro infine "non può includere un Paese nell'elenco dei Paesi di origine sicuri qualora esso non offra una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione".
Le reazioni
Per Magistratura democratica «la Corte di Giustizia Ue dà ragione alla sezione immigrazione del tribunale di Roma sui Paesi sicuri»: «In base alla Direttiva non è possibile la designazione di un Paese come sicuro se alcune categorie di persone restano escluse dalla presunzione di sicurezza», aggiunge Md. Secondo il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi la sentenza dimostra che «nessuno remava contro il governo. Era stata proposta una interpretazione dai giudici italiani che oggi la Corte di giustizia dell'Unione europea dice essere corretta. È giusto saperlo, senza polemiche ma per amore di chiarezza». Secondo la segretaria Pd Elly Schlein, «la Corte europea ha dato torto al governo italiano, chissà se anche stavolta diranno che gli abbiamo ispirati noi e che la Corte europea cerca solo di bloccare la riforma della giustizia in Italia. Si prendano la responsabilità di non aver letto le leggi italiane ed europee e di aver fatto una scelta illegale con centri inumani in Albania che calpestano i diritti fondamentali di migranti e richiedenti asilo, per cui hanno sperperato più di 800 milioni degli italiani». Per Nicola Fratoianni, Avs, «la sentenza della Corte Europea di giustizia è un vero e proprio macigno sulle velleità del governo Meloni e della destra italiana di calpestare il diritto internazionale e il buonsenso. Erano pure arrivati a dire nelle aule parlamentari che i giudici che rispettavano la legge fossero degli eversori. Non era e non è affatto così». Per Riccardo Magi, +Europa, la sentenza «è la Caporetto di Giorgia Meloni e dovrebbe mettere fine al progetto di una Guantanamo italiana per la deportazione di migranti». Per Matteo Renzi (Iv) «Giorgia Meloni sta sprecando in Albania centinaia di milioni di euro del contribuente nonostante i giudici di tutto il Pianeta le stiano dando torto. È sempre più assurdo! Spero che adesso finalmente si fermi. Anche perché i prossimi giudici che si occuperanno del caso saranno i giudici della Corte dei Conti. E lì, come noto, i politici rispondono personalmente». Per il Pd Francesco Boccia «oggi crolla la cartapesta della propaganda meloniana sull'immigrazione» Per il M5S «il fallimento dello spot Albania, costato un miliardo di euro ai cittadini italiani, adesso è conclamato». Sandro Gozi, segretario generale del Partito democratico europeo, ritiene che «il protocollo Italia-Albania» sia un «flop anche giuridico, oltre che un accordo inutile e pericoloso», costato «680 milioni dei contribuenti italiani». Il presidente dei senatori Fi Maurizio Gasparri sottolinea: «Bisogna contrastare l'immigrazione clandestina. Esamineremo attentamente la sentenza, ma se impedisse agli Stati di agire nelle sedi politiche competenti continueremo la battaglia contro un uso politico improprio della giustizia».
Palazzo Chigi
Dura la reazione di palazzo Chigi: «Sorprende la decisione della Corte di Giustizia UE in merito ai Paesi sicuri di provenienza dei migranti illegali. Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea, rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche. La Corte di Giustizia Ue decide di consegnare a un qualsivoglia giudice nazionale la decisione non sui singoli casi, bensì sulla parte della politica migratoria relativa alla disciplina dei rimpatri e delle espulsioni degli irregolari. Così, ad esempio, per l’individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri fa prevalere la decisione del giudice nazionale, fondata perfino su fonti private, rispetto agli esiti delle complesse istruttorie condotte dai ministeri interessati e valutate dal Parlamento sovrano», si legge nella nota pubblicata anche dalla premier Giorgia Meloni su Instagram, e commentata aspramente dai vertici Pd che decidono di rispondere direttamente via social. Per il governo, si tratta di «un passaggio che dovrebbe preoccupare tutti» perché «indebolisce le politiche di contrasto all’immigrazione illegale di massa e di difesa dei confini nazionali». E sottolinea come sia «singolare che ciò avvenga pochi mesi prima della entrata in vigore del Patto Ue su immigrazione e asilo, contenente regole più stringenti, anche quanto ai criteri di individuazione di quei Paesi». Ma la vicenda potrebbe non chiudersi qui: palazzo Chigi assicura che il governo «per i dieci mesi mancanti al funzionamento del Patto europeo non smetterà di ricercare ogni soluzione possibile, tecnica o normativa, per tutelare la sicurezza dei cittadini».