Battiato e quell'incontro nella prima radio privata italiana tra musica colta e voglia di leggerezza

Battiato e quell'incontro nella prima radio privata italiana tra musica colta e voglia di leggerezza

Battiato e quell'incontro nella prima radio privata italiana tra musica colta e voglia di leggerezza


Nella sua prima intervista rilasciata a una radio in FM, l’artista parla di concetti alti con ironia e senso della comunicativa. Sarà la cifra stilistica di un personaggio che sovvertirà le regole dello showbusiness riscrivendole per il mercato del pop

Milano, via Locatelli, zona Piazza Repubblica. Al nono piano di un elegante condominio c’è la sede della prima grande radio privata italiana: Radio Milano International. Lo studio della diretta in un salone riattato per la diretta radiofonica. Gli scaffali della libreria ospitano una miriade di Lp, impilati in ordine alfabetico, sul tavolo un microfono Sennheiser, un dedalo di cavi che corre lungo il pavimento in legno di rovere. L’angolo del mixer è carenato da lamiera grigia. Sono le 5 di un pomeriggio di primavera ’76. Parte “Waiting for the Wind” degli Spooky Tooth, sigla di un programma che ha fatto la storia della radio: ‘New Generation’, un pugno nello stomaco per un’emittente commerciale che contribuisce a lanciare anche in Italia la discomusic. La programmazione è fatta di rock d’autore, musica italiana, un pizzico di sperimentalismo, jazzrock e nuove tendenze.


L'amore per la radio, l'insofferenza per la tv

Arriva Franco Battiato. Non è ancora quella popstar che verrà riconosciuta pochi anni più tardi. Ma la coerenza del suo pensiero, della sua musica che lambisce le propaggini della musica colta e classica mi intriga. E a Milano stanno nascendo nuovi fenomeni, nuovi fermenti: l’etichetta discografica Cramps, cantautori come Finardi e Camerini, gruppi come Area e Perigeo. È alla sua prima intervista a una radio in FM. Un amore verso il mezzo radiofonico che non disdegnerà di frequentare molto di più della televisione, per lui un mezzo troppo illusorio e fatto di regole che il suo spirito libertario non accetta di buon grado.


Gli esordi come cantante beat

Accolgo Franco ricordandogli che l’avevo visto la prima volta nel 1967 ospite del programma televisivo “Diamoci del tu”, condotto da Caterina Caselli e Giorgio Gaber in onda sul secondo canale della RaiTv, occhiali neri, barba appena accennata, giacca scura su dolcevita chiara, un mix tra il cantante neo esistenzialista e il profilo di interprete di un beat più maturo rispetto a quello corrente di quegli anni. Forse le prime avvisaglie di quella sua cifra stilistica che lo connoterà come uno dei personaggi più originali del panorama musicale.


Tra concetti profondi e intrattenimento

Parte la musica e tra un disco e l’altro, si parla di tendenze, sperimentazione, materialismo sonoro, ricerca. Insomma robetta leggera… Franco mi colpisce per le sue risposte spiazzanti per la sua capacità di ironia e autoironia e di rendere semplici concetti che possono apparire pesanti. L’ora vola e alla fine ricevo diverse telefonate di plauso da manifestare al Maestro. La mia professione mi porterà a seguire Battiato nella sua multiforme attività creativa, nei traguardi raggiunti in classifica, al Festival di Sanremo. Oppure su palcoscenici che lo vedevano seduto su un sontuoso tappeto persiano, le gambe divaricate, attorniato da un’orchestra sinfonica sovrastata da un coro affollato di decine di voci. Il Maestro era riuscito nella sua impresa più folle e difficile: rendere popolare la sacralità del classico.



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