Venezia 81, Queer: Guadagnino sforna di nuovo un capolavoro

Venezia 81, Queer: Guadagnino sforna di nuovo un capolavoro

Venezia 81, Queer: Guadagnino sforna di nuovo un capolavoro Photo Credit: ufficio stampa biennale cinema


La pellicola é stata girata a Cinecittà e vede come protagonista Daniel Craig

Ancora Guadagnino in Concorso a Venezia. Ormai il regista ci ha preso gusto, soprattutto in questo periodo molto prolifico per lui. Qui al Lido si era aggiudicato il Leone d’argento per Bones and All nel 2022, film che consentì anche a Taylor Russell di vincere il Premio Mastroianni come miglior attrice esordiente. Guadagnino sarebbe dovuto essere alla Mostra anche lo scorso anno con Challengers, pellicola che Barbera aveva scelto addirittura come film d’apertura. Poi gli scioperi hanno cambiato il destino del titolo che è slittato in avanti.

Oggi l’autore palermitano riapproda in concorso con Queer, titolo girato a Cinecittà che vede nel ruolo del protagonista Daniel Craig, ex 007 qui alla sua prova attoriale definitiva.

LA TRAMA IN BREVE

La pellicola è ambientata a Città del Messico negli anni 40, dove l'americano Lee (Daniel Craig) ha trovato rifugio dopo essere scappato da New Orleans per evitare un arresto per droga. Nella capitale messicana, Lee passa il suo tempo frequentando i bar della città pieni di studenti universitari americani espatriati, soldati congedati e altri personaggi ai margini della società che vivono di sussidi. Si infatua di un militare della Marina americana in congedo, Allerton (Drew Starkey), un tossicodipendente, che, sebbene indifferente alle sue avances, alla fine cede, ma solo quanto basta per rendere i desideri sessuali di Lee ancora più un'ossessione. Insieme, intraprendono un viaggio in Sud America alla ricerca di una droga nota come "Yage", che secondo Lee lo renderà un sensitivo.

DA HOPPER A KUBRICK

Qualche mese fa, dopo aver visto Challengers, il film che vede protagonista Zendaya, ci siamo affrettati a bollarlo come il miglior Guadagnino possibile. E invece ci si sbagliava di grosso. Non potevamo immaginare che il capolavoro del cineasta siciliano sarebbe arrivato qui a Venezia. Queer possiede quella rarissima capacità di far coesistere gli opposti e i contrari, che quando si incontrano nelle sequenze del film, regalano cinema di altissimo livello. Aspro e soave, duro e delicato, morbido e appuntito ma soprattutto rovente e passionale.

Il Messico del film non esiste, è ricostruito e volutamente stilizzato, come fosse uscito da un quadro o una fotografia. Sì perché Queer mostra con disinvoltura e bravura gli artifici formali del racconto, se ne serve per tutta la durata della pellicola per creare poesia visiva, per ottenere degli squarci di bellezza in grado di distrarre anche lo spettatore più attento dalla storia. Anche perché quest’ultima è ridotta all’osso, anzi sembra quasi una scusa per fare altro, forse solo uno stratagemma per fare cinema, quello con la C maiuscola. Queer é girato trovando con sorprendente frequenza i toni, i colori e, in certi momenti, quasi lo stile tipico dei quadri degli iperrealisti o gli edifici di Edward Hopper. Daniel Craig non esita nemmeno un secondo: é preciso come un cecchino e centra perfettamente il ruolo. Così sessuale e passionale ma allo stesso tempo così umano e romantico.

Il viaggio di Queer finisce con 2001: Odissea nello spazio. Lampi colorati che appaiono nel buio, dando grazia e profondità oltre che richiamare alla mente immediatamente il capolavoro di Kubrick del 1967. Astrattismo al servizio della narrazione, cinema che si disintegra nella forma per regalare un ultimo slancio creativo ad un'opera definitiva, che non può e non deve passare inosservata.



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