Venezia 81, Leurs enfants après eux: un film insipido che fa di tutto per non lasciare il segno

Venezia 81, Leurs enfants après eux: un film insipido che fa di tutto per non lasciare il segno

Venezia 81, Leurs enfants après eux: un film insipido che fa di tutto per non lasciare il segno Photo Credit: Ufficio Stampa Biennale Cinema


Una storia raccontata attraverso quattro estati degli anni 90 con giovani ragazzi alle prese con le difficoltà di diventare grandi

Le pulsioni sessuali, assieme allo smarrimento generazionale dei giovani, dominano questa edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Sono due dei temi trattati nella pellicola “Leurs enfants après eux”, diretta da Ludovic Boukherma e Zoran Boukherma e tratta dal romanzo omonimo di Nicolas Mathieu.


LA TRAMA DEL FILM

Agosto 1992. Un pomeriggio di un caldo soffocante in una valle sperduta da qualche parte nell’est della Francia, col suo lago e i suoi altiforni ormai spenti. Il quattordicenne Anthony e suo cugino ammazzano il tempo in riva al lago insieme a Steph e Clem. Per Anthony sarà l’estate del primo amore, quello che dà un senso a ogni cosa. Il momento agrodolce della vita che segna la fine dell’infanzia e il passaggio alla maturità. Ma c’è anche Hacine, un giovane ribelle del quartiere. E una motocicletta che ruba ad Anthony, sconvolgendo la vita di tutti. Nel corso di quattro estati cruciali, i destini di Anthony, Steph e Hacine si attraversano, si scontrano e si intrecciano. E in mezzo a tutto questo tumulto, l’amore cercherà di trovare la propria strada...


ANNI 90 SENZA PIGLIO E CON TANTA NOIA

Un film viscerale, dominato dagli istinti giovanili, dalle pulsioni adolescenziali e dalla voglia di fuggire dalla propria condizione. Sembra i Goonies senza l'innocenza degli anni 80, più simile forse ad una pellicola dei fratelli Dardenne. In Leurs enfats après eux manca tutto, non c'è brivido, non c'è emozione, non c'è il desiderio e neanche l'epica popolare del sottoproletariato che forse in qualche sequenza si voleva provare a mettere in scena. La seconda pellicola francese in concorso a Venezia 81 non riesce a centrare l’obiettivo. Strabordante nella durata, poco efficace nel raccontare alcuni passaggi chiave della storia che mancano totalmente di quel potere tipico del mezzo cinematografico. Un racconto di formazione sbiadito, che dimentica di emozionare. La moto come mezzo di liberazione ma anche come trappola per distruggere gli equilibri. Tutto troppo esasperato per poter apparire plausibile. Sarebbe bastata un pizzico di poesia e di grazia, o anche una proiezione interiore di ciò che i personaggi provano o pensano negli archi temporali raccontati nelle quattro estati degli anni 90.

Un film che forse neanche si impegna di trovare un appiglio che gli consenta di non essere dimenticato. Le sequenze che raccontano l'ecosistema adolescenziale di questi ragazzi, sono il più delle volte vuote e senza anima, andando a reiterare un immaginario già visto e rivisto. 


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