Seconda giornata della convention dei democratici: luci su Michelle Obama

Seconda giornata della convention dei democratici: luci su Michelle Obama

Seconda giornata della convention dei democratici: luci su Michelle Obama Photo Credit: Agenzia Fotogramma


Uno dei momenti più attesi all’arena di Chicago era quello del discorso della ex first lady, temutissima per repubblicani. Riesumato il claim del 2016 "Yes, she can"

Per parlare dell’intervento di Michelle Obama alla kermesse democratica, bisogna partire dalla fine, dall’intervento di un altro conferenziere. Barack Obama, il marito: “l’unica persona al mondo abbastanza stupida da parlare dopo Michelle Obama”. È questo il mood che serpeggia negli Stati Uniti, non solo nei democratici, ma soprattutto nei repubblicani che sono spaventatissimi dalla possibilità che la donna più popolare d’America si candidi alle elezioni presidenziali, anche se lei ha sempre dichiarato di aver abitato a sufficienza la Casa Bianca.


DIROMPENTE

Il discorso di Michelle Obama è dirompente. Molla il fair play e decide di giocare ad armi pari. La prima indicazione: ribattere e rispondere ad ogni fake, ad ogni insulto, ad ogni mistificazione sulla realtà che riguarda i democratici ad opera dell'avversario. Aveva fatto un’altra scelta quando a Philadelphia otto anni fa fece il suo endorsement a Hillary Clinton, candidata alle presidenziali contro Donald Trump. In quell’occasione disse: “Quando gli altri si abbassano ad attaccarci, noi voliamo alto», per intendere che gli attacchi di Trump e dei repubblicani non meritavano neanche di essere presi in considerazione. Il messaggio era: siamo superiori e non ci abbassiamo il vostro livello. Ma sappiamo com’è andata, e la strategia cambia. Si risponde, si coglie in fallo il nemico, e, proprio qui, inchioda il repubblicano. Evoca le lamentele dell’ex presidente sugli immigrati che si prendono «i lavori dei neri», e sgancia la bomba: “qualcuno dovrebbe dirgli che la sua stessa corsa per la Casa Bianca altro non è che il tentativo di impadronirsi di uno di quei lavori”. Ovazione dal pubblico, che capisce perché una donna nera, proveniente dai sobborghi di Chicago, con un passato difficile ma con una grinta enorme, ha scalato tutte le montagne ed è diventata Michelle Obama. Lei che è stata forse una delle più attive first lady che abbia abitato Washington. Impegnata su tutti i fronti civili possibili, dall’alimentazione all’accesso allo studio per tutte le minoranze e gli svantaggiati. “La discriminazione costruttiva” come viene chiamata, che consiste nel dare strumenti più incisivi a quelli che secondo Michelle vivono sulla propria pelle la percezione di non avere il diritto di poter anche solo provare a scalare la montagna. Era alla base della sua politica, “the affirmative action of generational wealth”, che i repubblicani hanno rovesciato attraverso una sentenza della Corte suprema. Kamala Harris, la candidata democratica, è una che la montagna l’ha saputa scalare, rappresentante della middle class,  e oggi è sul gradino più alto del podio americano. "Yes, she can"! e il pubblico risponde.


LOVE AND LIFE

L’incedere del discorso ha un ritmo gospel, sembra un sermone e lei sprigiona il carisma che, forse, è paragonabile a quello di un altro simbolo della lotta contro il razzismo: Martin Luther King, uomo che in altri tempi e con un altro contesto sociale smuoveva le folle come la Obama smuove l’audience nell’arena, oltre alle montagne! "Please, welcome the 44th president of the United States and the love of my life“ (date il benvenuto al 44mo presidente degli Stati Uniti e all'amore della mia vita), così presenta un’altra icona della democrazia americana: Barack Obama. Per diversi minuti sono insieme sul palco, bracciati, lui le sussurra qualcosa, probabilmente la consapevolezza di essere l’uomo più stupido del mondo…



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