Piccoli miracoli sotto la pioggia, storie di vita e di battaglie personali: i dietro le quinte del libro con l’autore, Piero Meli

Piccoli miracoli sotto la pioggia, storie di vita e di battaglie personali: i dietro le quinte del libro con l’autore, Piero Meli

Piccoli miracoli sotto la pioggia, storie di vita e di battaglie personali: i dietro le quinte del libro con l’autore, Piero Meli Photo Credit: "Piccoli miracoli sotto la pioggia" di Piero Meli, Giulio Perrone Editore


Racconti brevi ma che lasciano il segno, con un costante intreccio narrativo che sottolinea come siamo potenzialmente tutti uniti gli uni agli altri, anche solo per un istante nella vita

Abbiamo salutato da pochissime ore il giorno di Ferragosto, quel momento che rappresenta “l’inizio della fine” dell’estate. Che, detta così, può avere un retrogusto apocalittico, ma di fatto sono in tanti coloro che vedono le proprie ferie terminare proprio a ridosso di questo frangente, con il ritorno alla routine e al solito tran tran che incombono.

Serve la giusta evasione per sopravvivere alle incombenze della vita quotidiana, e un buon libro può essere il biglietto perfetto per un viaggio degno di tal nome. Il sabato, sulle pagine web di RTL 102.5, è il momento perfetto per lo scopo. È quel momento in cui andiamo a fondo delle pubblicazioni recenti grazie agli autori e alle autrici che a quelle storie ci hanno lavorato. Come accaduto nelle scorse settimane con “Questioni di famiglia” di Cinzia Pennati e “La fortuna del principiante” di Valerio Marra.

Oggi la nostra lente d’ingrandimento è su “Piccoli miracoli sotto la pioggia” di Piero Meli, pubblicato da Giulio Perrone Editore. Un racconto corale che racchiude al suo interno tante storie diverse fatte di vissuto pulsante. E proprio con l’autore abbiamo fatto una chiacchierata che ci ha permesso di saperne di più.


PICCOLI MIRACOLI SOTTO LA PIOGGIA, STORIE DI VITE CHE SCORRONO VIA

Ciao Piero, come da tradizione ti cedo subito la parola per le introduzioni: cosa troviamo in "Piccoli miracoli sotto la pioggia"?

“In “Piccoli miracoli sotto la pioggia” c’è un coro di voci che si intrecciano come fili bagnati, ognuna con la propria ferita e la propria luce segreta. Sono storie che condividono il medesimo spazio urbano (piazza San Babila, a Milano), ma non si toccano, se non per un attimo. È un romanzo di incroci, di sguardi che non si dimenticano e di destini che si modificano senza rumore. La pioggia è il respiro comune: non lava, non cancella, ma unisce. È il momento in cui tutto può cambiare, anche solo di un millimetro. E a volte basta quel millimetro per far nascere un miracolo. E magari il lettore, voltando pagina, si troverà a chiedersi se un giorno, sotto una pioggia qualunque, non possa accadere anche a lui.”


Com'è nata l'idea di questo romanzo? E quanto tempo ti è stato necessario per fare combaciare tutti i pezzi?

“È nato da un’immagine che non mi ha più lasciato: una donna in impermeabile rosso che attraversa Milano in mezzo a un temporale. La sua figura aveva qualcosa di magnetico, di inevitabile. Ho cominciato a chiedermi quante vite potesse sfiorare semplicemente passandoci accanto, senza dire una parola. Da lì è nato un meccanismo a catena: ogni storia ne chiamava un’altra, ogni personaggio portava un pezzo mancante. Mettere tutto insieme è stato come costruire un puzzle di cui ignoravo il disegno finale: ci sono voluti due anni di scrittura e riscrittura, di tagli e innesti, fino a quando le tessere non hanno smesso di muoversi e hanno trovato il loro posto naturale. Mi piacerebbe che il lettore si possa riconoscere, in quell’immagine, e trovare un passaggio della propria vita che ha cambiato tutto senza che se ne accorgesse subito.”


Mi ha sempre colpito molto la frase "Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre". Possiamo dire che calzi a pennello per il tuo libro?

“Quella frase calza a pennello. Ogni personaggio del mio libro porta con sé una battaglia silenziosa, invisibile agli occhi di chi incontra per strada o in un bar. Alcune sono ferite fresche, altre sono cicatrici ben coperte, altre ancora sono zavorre invisibili che si portano dietro da anni. La gentilezza, nelle mie pagine, non è mai zuccherosa: è un gesto ostinato, quasi feroce, che si compie anche quando sarebbe più facile voltarsi dall’altra parte. È una forma di resistenza umana, un atto di ribellione alla distrazione e all’indifferenza. Volevo far scoprire che, a volte, un solo gesto gentile può diventare il punto esatto in cui una storia prende un’altra direzione.”



TANTE STORIE, UN FILO ROSSO CHE LE UNISCE

Nella storia c'è un elemento che fa da fil rouge a tutti i diversi racconti dei personaggi. Come mai questa scelta?

“Ho scelto un filo conduttore, la donna in rosso, perché volevo che il romanzo fosse un mosaico, ma con un cuore pulsante unico. Lei è presenza e simbolo insieme: attraversa le vite degli altri lasciando tracce che a volte sono soltanto ombre, altre volte ferite, altre ancora piccolissimi miracoli. Non è una salvatrice né una spettatrice: è un catalizzatore inconsapevole, l’innesco che fa scattare qualcosa dentro chi incrocia il suo cammino. Il lettore la vedrà apparire e scomparire, senza mai poterla afferrare del tutto, proprio come accade con le persone che ci cambiano senza che ce ne rendiamo conto.”


C'è un personaggio a cui ti senti maggiormente legato?

“Ogni personaggio mi appartiene, ma forse Alberto, il clochard, mi ha lasciato il segno più profondo. In lui ho visto la verità più nuda del libro: anche nel buio più compatto esiste sempre un frammento di luce, e spesso arriva dalla mano che meno ti aspetti. Alberto vive ai margini, eppure osserva tutto con una lucidità che i “dentro” non hanno. È un uomo che ha perso quasi tutto, tranne la capacità di tendere una mano. Il suo sguardo contiene insieme la resa e la speranza, ed è forse questa contraddizione a renderlo così vicino al cuore del lettore. Quando chiuderete il libro, forse Alberto resterà lì, in un angolo della vostra memoria, a ricordarvi che la luce non sceglie mai dove cadere.”


Se il tuo libro fosse una canzone, quale sarebbe?

“Sarebbe “Perfect Day” di Lou Reed: dolceamara, sospesa tra malinconia e speranza, con quella sensazione di un istante perfetto che non puoi trattenere, ma che ti resta dentro come una cicatrice luminosa. È una canzone che, proprio come il mio libro, ti fa pensare che la bellezza possa esistere anche nelle giornate storte, nei cieli grigi, nei gesti che non cambiano il mondo ma cambiano te. E ogni volta che la riascolterete, vi tornerà in mente almeno una scena che avete letto.”


Hai già qualche nuovo progetto in cantiere? Di cosa ti piacerebbe scrivere?

“Ci sono immagini che mi inseguono: una porta socchiusa, un nome inciso su un vetro appannato, una voce che non riconosco. Forse diventeranno un libro, forse resteranno fantasmi. Non hanno ancora una trama, ma hanno già un sapore. So solo che, qualunque forma prenderanno, avranno il passo lento di un calice di rosso lasciato respirare sul tavolo, con tutto il tempo necessario perché il profumo diventi storia. E quando sarà il momento, brinderò alla loro nascita, sperando che sorprendano anche me.”



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