La crisi politica del PD con Conte leader dei Cinque Stelle, i dissidi interni vengono da lontano

La crisi politica del PD con Conte leader dei Cinque Stelle, i dissidi interni vengono da lontano

La crisi politica del PD con Conte leader dei Cinque Stelle, i dissidi interni vengono da lontano


L'ascesa e la caduta di Renzi hanno lasciato delle macerie che non sono state ancora tolte, poi si penserà a ricostruire

Nicola Zingaretti è sicuro. L’alleanza con il Movimento 5 Stelle è l’unica possibile per vincere le prossime elezioni. Guardando l’orizzonte politico italiano, pensa il segretario del PD, le alternative, al momento, non ci sono. Zingaretti analizzando con cura gli ultimi sondaggi, quelli di due giorni fa, deve essere, però, balzato sulla sedia. Il quadro politico, con Giuseppe Conte a capo dei grillini può cambiare notevolmente. Cambia perché è l’unica mossa che farebbe sopravvivere per i penta stellati, altrimenti destinati all’estinzione. Sarebbe, però, una sciagura per il Partito democratico.


Il sondaggio SWG

La conferma è arrivata dal sondaggio Swg per il Tg La7 presentato lunedì. Nello scenario con Conte leader M5s il primo partito resterebbe la Lega con il 22,3 per cento e un calo dell'1,1 per cento rispetto alla precedente rilevazione, una settimana fa. Il Movimento 5 Stelle vedrebbe un balzo del 6,2 per cento e schizzerebbe al 22. Consensi in buona parte sottratti al Pd che si attesterebbe al 14,2 per cento con una perdita del 4,3. Perde lo 0,9 Fratelli d'Italia (16,01), in calo dello 0,8 Forza Italia che va al 6,1. Praticamente la disfatta del PD.


Le parole di Gianni Cuperlo

Gianni Cuperlo, che del Partito Democratico è esponente autorevole, non ha dubbi: "La verità? Il progetto del nuovo partito per come venne concepito e forgiato non basta più – dice l’ex presidente del partito - E allora si apra il percorso di un congresso, lo si affronti come una sfida costituente per una forza che ripensi sé stessa e ricollochi la sua funzione nell'Italia dei prossimi anni". "I laburisti inglesi – continua Cuperlo - passarono diciott'anni all'opposizione, persero le elezioni nel 1979 e rientrarono a Downing Street con Tony Blair nel 1997. Non considero il blairismo, ammesso ancora esista, come il modello da cui trarre ispirazione, ma la traversata del deserto quella forza la affrontò. Il nostro deserto magari non lo traverseremo in qualche giorno. Però, insomma, il tempo è davvero maturo per uscire dall'oasi". Non è detto che Zingaretti lo ascolti, ma Cuperlo non ha tutti i torti.


Congresso o non congresso?

Se il Partito Democratico non vuole perdere la partita dei prossimi anni deve, per forza di cose, riformarsi. Soprattutto, con l’attuale scenario politico, deve capire dove collocarsi. Ad oggi è l’unico partito italiano dai grandi numeri che si è sempre riunito in un congresso. Se i numeri del sondaggio SWG dovessero essere veri, l’unione Cinque Stelle-PD, vedrebbe il Partito Democratico in una posizione decisamente svantaggiata rispetto agli uomini di Conte. Quasi dei comprimari. La scalata di Renzi e la sua uscita hanno lasciato macerie che, prima della ricostruzione, non sono ancora state spostate. Il rottamatore è stato scambiato per il riformatore non vedendone le criticità. Il 40, 8 per cento delle elezioni europee del 2014 è stato il picco assoluto di un Partito che da lì si è perso. Un elettore su quattro degli aventi diritto scelse Renzi, non il PD. Fu lì il cortocircuito. Oggi è rimasto solo il Partito Democratico. La sua crisi politica può essere risolta solo dall’interno e, per le dinamiche di quello stesso movimento, solo un congresso può spazzare via la nebbia che in questo momento lo avvolge.


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