
Guido Crosetto a RTL 102.5: “Siamo molto preoccupati dalla ripresa dello scontro a Gaza” Photo Credit: Agenzia Fotogramma
18 marzo 2025, ore 12:00
Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, interviene su RTL 102.5 all’interno di Non Stop News con Enrico Galletti, Massimo Lo Nigro e Giusi Legrenzi.
LA SITUAZIONE IN MEDIO ORIENTE
«La situazione ci preoccupa molto, anche se nei giorni scorsi era evidente che c’era un innalzamento dee torni da parte di Israele. È una conseguenza di un atteggiamento di Hamas sul rientro degli ostaggi, scelta fortemente criticata dalle famiglie degli ostaggi perché in questo modo si interrompe non solo la tregua ma anche quel percorso che era iniziato per il quale tornassero tutti a casa. Non è sicuramente un elemento positivo, anche perché rischia di prolungarsi nel tempo. L’attacco di questa notte è stato abbastanza pesante e le vittime lo evidenziano chiaramente, ma il segno e l’indicatore assieme all’attacco su Hamas, aiutano l’evoluzione in modo non positivo della situazione della zona: una nuova presa di posizione dell’Iran, gli attacchi aiuti, questo attacco israeliano… sono tutti collegati e speriamo di riuscire a ripristinare una tregua, ma non sono ottimista in questo momento. È una riflessione fatta a caldo, perché stiamo parlando di fatti di questa notte in continua evoluzione. Vedremo e lavoreremo per riuscire a ripristinare questa tregua, ma adesso vedo una situazione in evoluzione non particolarmente positiva. L’atteggiamento di Hamas è stato un atteggiamento volto a ribadire il fatto che avrebbe proseguito la sua lotta e anche gli attacchi di Israele non l’avevano messa in condizioni di non operare più, che si sarebbe ripreso il controllo del territorio, è ri-iniziata una certa presenza, questi atteggiamenti di trattativa sugli ostaggi servivano più per dare segnali interni che per risolvere i problemi. Quindi da un lato è questo che non è andato, dall’altra parte c’è sempre stata una fortissima opposizione in Israele a questa tregua. Una parte di Israele avrebbe voluto proseguire fino alla fine, qualunque fossero state le conseguenze, questa guerra con Hamas, fino al totale annientamento di Hamas. In questo momento hanno prevalso le ali che erano contro la tregua da una e dall’altra parte e il risultato è questo. Cercheremo di lavorare nelle prossime settimane perché ri-prevalga la ragione in entrambi le parti, che in questo momento è quella di cessare le ostilità e riportare a casa tutti gli ostaggi».
IL RIARMO DELL’EUROPA
«Se io devo desumere la posizione italiana dal voto di tutti i partiti italiani in Europa, sinistra, centro e destra, io non la so. Prendo atto che non esiste una posizione italiana, esiste una posizione personale all’interno dei partiti. Non si riesce ad avere una posizione politico su questo tema molto specifico all’interno di un partito, figuriamoci italiana. Il tema, secondo me, è stato affrontato in modo più ideologico che razionale. Non ha aiutato la scelta delle parole della Von Der Leyen, lo dico dal primo giorno. Parlare di riarmo europeo è il modo per dare il fianco a chiunque voglia attaccare in nome di un presunto pacifismo. Il tema non è riarmare l’Europa, il tema è: l’Europa vuole dotarsi di una propria difesa? Uno stato ritiene che la difesa sia il cardine e il pilastro su cui si costruisce e si difende una democrazia? Questa è la domanda che dobbiamo porci. Poi, come costruire la difesa è un tema non politico ma tecnico en on lo decide il Parlamento, ma approva le proposte che gli fa la parte tecnica, che sono le forze armate, i militari e ci dicono come noi dovremmo difendere un Paese op l’Europa. Perché ci poniamo il problema di difendere l’Europa? La domanda va posta e il motivo è perché è cambiato l’atteggiamento degli Stati Uniti rispetto agli ultimi 70 anni. Per 70 anni gli Stati Uniti hanno investito fino al 5% del loro Prodotto Interno Lordo anche per difendere l’Europa, hanno portato in Europa più di centomila uomini per difendere l’Europa, hanno fatto investimenti che neanche l’Europa ha fatto e l’Europa ha finito di investire quando è finita la guerra fredda, perché io mi ricordo che investiva fino al 3,5% fino alla caduta del Muro di Berlino e ha smesso di investire dopo, pensando che tutti i problemi fossero finiti. Il mondo è cambiato, gli assetti del mondo sono cambiati e ora stiamo vivendo per noi, e ancora di più per i nostri figli, un cambio epocale. Siamo passati dal secolo scorso, che è stato il secolo delle grandi dittature, del fascismo e del nazismo, che poi è diventato il secolo delle grandi democrazie e delle grandi conquiste sociali, in un secolo diverso, che sarà quello delle super potenze: la Cina, l’India, gli Stati Uniti. La Russia non fa parte delle super potenze, non ne fa parte neanche dal punto di vista delle materie prime, ma ha 147milioni di abitanti, quindi non lo è in un’ottica trumpiana di visione del mondo dove i rapporti di forza si fanno calcolando la forza reale dei paesi, non la loro storia o il loro livello di democrazia. Quindi noi dobbiamo abituarci a questo e questo significa decidere se l’Europa ha voglia o no di difendersi. Se ha voglia di farlo, deve in qualche modo costruire una difesa».
LA TELEFONATA TRA TRUMP E PUTIN
«Dalla telefonata mi aspetto una sola cosa, quella che da due anni e mezzo dico: che per un giorno smettano di cadere le bombe. Io sarò soddisfatto se per 24 ore, cosa che non succede da oltre mille giorni, smetteranno di cadere 4mila o 5mila bombe al giorno sull’Ucraina. Quel giorno vorrà dire che c’è a possibilità di costruire una tregua e che quella tregua poi possa diventare in qualche modo pace. Questa telefonata può servire a questo e a far trovare attorno a un tavolo quei tre interlocutori perché decidano quali sono le condizioni di partenza. Dopo tutto il resto della comunità internazionale potrà dare una mano sulle basi delle scelte e delle regole che daranno a questa tregua e a questa pace. Io mi auguro che avvenga il prima possibile. Non ho idea di quanto possa scendere a compromessi Putin, l’unica cosa che ci ha insegnato in questi anni è di essere imprevedibile. È un grandissimo giocatore di scacchi, non si lascia prendere dalle emozioni e in questo momento ha due strade: da una parte si rende conto che l’Ucraina è stata indebolita dalle ultime scelte americane, l’interruzione dell’Intelligence e l’interruzione degli aiuti militari per un periodo l’ha indebolita e si rende conto che l’occidente non ha le capacità produttive che ha messo in piedi la Russia, ad esempio di armi; dall’altra parte sa che ha a che fare con Trump che può passare dall’essere una persona disponibile a persone nemica in un attimo e che quindi non accetterebbe un rifiuto e in quel caso potrebbe diventare ancora più duro di Biden nei confronti della Russia. Per cui si gioca su questo filo, è quasi una partita a poker con due bravi giocatori. Vedremo alla fine, l’importante è la tregua».
IL RUOLO DELLA NATO
«Per noi pesa moltissimo, l’alleanza atlantica è il nostro emblema di difesa. Noi abbiamo una difesa grazie alla Nato e grazie agli Stati Uniti. Mai accetterò è un’uscita degli Stati Uniti dalla Nato, dobbiamo fare di tutto perché la Nato non solo non si smembri, ma in qualche modo si rafforzi ancora di più. Tutti pensano che sia stato Trump a iniziare questo discorso, ma prima ancora è stato Obama a ricordare ai paesi europei che l’America stava investendo per loro e per la loro sicurezza. Sono passati più di dieci anni e Trump ci ridice la stessa cosa con molta più impazienza. Secondo me, a giugno tutti i paesi della Nato in qualche modo diranno come faranno a rispettare i loro impegni finanziari e di contributi alla Nato, che non è un impegno finanziario ma un contributo che tutti i paesi devono dare ed è la stessa cosa che dovremmo fare in Europa. Non esiste un esercito Nato, ma la somma degli eserciti di tutte le nazioni e danno i loro contributi, è lo stesso modello che dovremmo adottare in Europa. Noi dobbiamo fare di tutto perché la Nato rimanga, mantenga la sua presenza e mantenga la capacità di difesa e deterrenza, altrimenti non avremo ombrelli difensivi».
LA PRESENZA DI MILITARI ITALIANI SUL SUOLO UCRAINO
«Noi partecipiamo a queste riunioni, i nostri militari e ho partecipato io. Sono molto chiaro, noi stiamo facendo queste riunioni per decidere che arredamento fare in una casa di cui non consociamo il progetto, non siamo gli architetti, che sono Trump, Putin e Zelensky, e stiamo costruendo diverse ipotesi per affrontare un quadro che ancora non conosciamo. Difatti, le ipotesi che ci sono sul tavolo partono dalla presenza militare ai confini, alle infrastrutture e a una presenza militare al di fuori dell’Ucraina, tutte le ipotesi possibili. Si vedrà cosa può fare una comunità o una coalizione internazionale solo dopo che il tavolo della pace avrà costituito le regole con cui questa pace si svilupperà».
CYBERSICUREZZA IN ITALIA
«Il nostro paese è relativamente al sicuro ed è uno dei paesi al mondo più sicuri, ma la minaccia aumenta ogni giorno. Il problema delle nuove tecnologie, pensiamo all’intelligenza artificiale, è che aumentano alcune capacità positive, ma aumentano anche quelle negative. Tutti i giorni c’è una lotta di tecnologie, tra i cattivi e i buoni, e ogni giorno c’è un nuovo modo di attacco, un nuovo modo di entrare e non ci si rende conto di quanti siano e di quanto siano frequenti. Questo è l’evidenza più grande del successo della nostra capacità di prevenirli, in altri paesi ci sono stati danni molto grandi e molto rilevanti a infrastrutture del paese. Per adesso, in Italia siano sempre riusciti a contenerli».
IL FUTURO DELL’ITALIA
«Vedo il futuro dell’Italia con ottimismo, devo vederlo con ottimismo perché devo lavorare per tutti i nostri figli re nipoti. Siamo obbligati a vederlo con ottimismo e non significa non essere razionali, non significa non guardare i problemi in faccia, ma io penso che, come Italia, abbiamo delle potenzialità straordinarie non sfruttate e avremmo bisogno di fare un po’ più squadra. Una delle cose peggiori che noi riusciamo a fare in Italia è non riuscire a eliminare in alcuni momenti le divisioni e capire che se marciamo insieme potremmo essere veramente una delle principali potenze economiche del mondo, ma soprattutto un modello anche come stato sociale. Noi spesso critichiamo la nostra sanità, ad esempio, e in molti casi abbiamo ragione, ma se girate il mondo vedete cosa significa il nostro servizio sanitario e vi rendete conto di quanto abbiamo raggiunto come crescita nel sociale. Ci sono alcune cose di cui dobbiamo essere orgogliosi e che dobbiamo preservare, e per farlo dobbiamo continuare a costruire ricchezza, far lavorare le nostre aziende, produrre innovazione tecnologiche e abbiamo delle capacità per farlo probabilmente superiori a qualsiasi altra nazione al mondo. Dovremmo lavorare di più sull’università e sulla formazione, far rientrare le migliaia di cervelli che abbiamo esportato nel mondo e che stanno dando ricchezza e conoscenza e costruire le condizioni per cui possano tornare qua e lavorare bene. Per quanto sia un periodo brutti, non sono pessimista per l’Italia».
IL LIBRO “STORIE DI UN RAGAZZO DI PROVINCIA”
«La provincia è la mia storia, come quella di tanti italiani che sono partiti da piccoli villaggi e si sono ritrovati nella loro vita a spostarsi. È un libro che in realtà finisce 7 anni fa, prima di fare il ministro e che non pensavo neanche di pubblicare. È la storia di una persona che, partendo da un comune di 2500 abitanti, si è ritrovato nella vita a percorrere strade, incontrare persone, sommare esperienze. Io ritengo importante essere nato in un piccolo comune e quell’esperienza, perché ti insegna da piccolo a parlare con chiunque e a confrontarti con chiunque. Quando nasci in provincia, hai il vantaggio e la grande fortuna di considerare tutti allo stesso modo, di non considerarti privilegiato e di conoscere i problemi di tutti. Quando ci vivevo, mi hanno eletto sindaco e anche questa esperienza è stata utilissima. Per me non esiste la prevalenza di un partito della politica rispetto all’istituzione, io servo l’Italia, il partito e la parte politica viene molto dietro. Prima c’è l’istituzione e il Paese, il ritorno politico viene dopo. Tu non puoi interpretare il tuo lavoro a secondo del partito che ti ha eletto, sei eletto per servire l’Istituzione e vale ancora di più alla Camera. Anni e anni di anti-politica hanno distrutto le istituzioni e questo non fa male ai potenti, ma ai cittadini perché il Parlamento serve a difendere quelli che non hanno difese, i più poveri e i più umili».