Gli sportivi che hanno vinto le sfide dure della vita, da Mihajlovic a Sacchi fino a Quagliarella e Pisacane

Gli sportivi che hanno vinto le sfide dure della vita, da Mihajlovic a Sacchi fino a Quagliarella e Pisacane

Gli sportivi che hanno vinto le sfide dure della vita, da Mihajlovic a Sacchi fino a Quagliarella e Pisacane


Prosegue il nostro viaggio nella storia di calciatori e allenatori che la vita ha messo di fronte a situazioni molto difficili; oggi parliamo di Sinisa Mihajlivoc, Arrigo Sacchi, Fabio Quagliarella e Fabio Pisacane

MIHAJLOVIC, LA GUERRA E LA MALATTIA

Nella primavera 1991 la Jugoslavia inizia a dissolversi. Un giorno all’improvviso Vinko, grande amico di Sinisa, ex compagno di scuola, titolare del bar sotto casa, gli dice: “vuota in fretta il tuo bicchiere e vattene, non voglio serbi di merda nel mio locale”. In un primo momento Mihajlovic pensa a uno scherzo, ma ben presto capisce che non è così: Sinisa ha madre croata e padre serbo, la sua è una delle tante famiglie “miste” dilaniate dalla guerra nei Balcani. Scoppiato il conflitto, i genitori hanno dovuto scappare: lo zio (fratello della madre) ha cercato di far uccidere il cognato ( cioè il padre di Sinisa) in quanto “nemico serbo”. Qualche mese più tardi Arkan, capo degli ultras della Stella Rossa poi diventato un criminale di guerra, chiama Sinisa: “qui c’è uno che dice di essere tuo zio? Confermi o lo uccido?”. Mihajlovic decise di non vendicarsi e lo salvò.

Nell’estate del 2019 i ricordi legati alla guerra erano sempre presenti ma lontani. E all’improvviso Mihajlovic, nel frattempo divenuto allenatore, si è trovato davanti a un altro dramma. Gli è stata diagnosticata una leucemia, per lunghi mesi Sinisa è stato malissimo, in bilico tra la vita e la morte. Appena ha recuperato un minimo di forze, ha voluto salire su una ambulanza e si è fatto portare allo stadio Bentegodi di Verona, dove giocava il suo Bologna: l’immagine di Mihajlovic in panchina dimagrito, emaciato, protetto da una mascherina, ha avuto un alto valore simbolico. L’allenatore serbo ha affrontato con successo il trapianto di midollo. Ora sta bene. A volte i miracoli si realizzano.


ARRIGO SACCHI E LO STRESS

“Tanto a fine anno smetto”. Se lo è ripetuto fin dall’inizio della sua carriera in panchina, al Fusignano. Arrigo Sacchi non ha mai vissuto il suo lavoro con distacco. Sempre con una forte ansia, con uno stress che a volte dava le vertigini. Accompagnato dallo stress, Arrigo ha conquistato il mondo con il Milan, ha guidato la Nazionale, è andato all’Atletico Madrid. Il disagio era diventato quasi un amico fedele. Poi però nel 2001 la corda – che era tiratissima da anni- si è spezzata. Arrigo era al Parma, in panchina gli sembrava di non riuscire a respirare. Mollò tutto dopo una vittoria 2-0 sul campo del Verona; per la prima volta la partita non gli aveva portato alcuna emozione.


PISACANE, CONTRO MALATTIA SCOMMESSE

Nato nel 1986 a Napoli, Fabio Pisacane da piccolo assiste a una delle più drammatiche faide di camorra che hanno insanguinato la città. A 15 anni è nelle giovanili del Genoa, ma poche settimane dopo il suo trasferimento sta male, è debole, non riesce ad alzarsi. Il medico e lo staff sottovalutano la situazione; in extremis Fabio arriva all’ospedale, gli viene diagnosticata la sindrome di Guillain-Barrè, malattia che porta a una paralisi progressiva, la chiamano la morte che sale, parte dai piedi e arriva alla testa. A Pisacane si ferma ai polmoni, lo salvano. Resta più di tre mesi ricoverato ma alla fine guarisce. Dieci anni più tardi, dopo una onesta carriera in provincia, è al Lumezzane in serie C. Prima della sfida con la Cremonese viene contattato dal direttore sportivo degli avversari, che gli offre 50 mila euro per perdere. Lui non ci sta e denuncia tutto, le sue rivelazioni scoperchiano un sistema malato. Il The Guardian lo elegge calciatore dell’anno.


QUAGLIERELLA E LO STALKER

E’ stato vittima di uno stalker, che per anni gli ha letteralmente rovinato la vita. Il colpevole era l’insospettabile: un suo finto amico, Raffaele Piccolo ( di nome e di fatto ), lavorava alla polizia postale. All’epoca Fabio giocava all’Udinese, stagione 2008/09. Aveva avuto qualche problema con l’account di Messanger, aveva chiesto aiuto a Raffaele. Il finto amico, invidioso dei suoi successi, gli rubò tutti i contatti della rubrica e iniziò a minacciare e ricattare Quagliarella (accusato tra l’altro di pedofilia e di spaccio di stupefacenti, naturalmente senza alcuna attinenza con la realtà). Dopo anni di problemi, tensioni, minacce, il padre di Fabio ha avuto un sospetto, ha teso una trappola e lo stalker ci è cascato. Dopo otto anni  finalmente l’incubo era finito.



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