
Dl Sicurezza, ok di Palazzo Madama con 'quasi rissa' e sit-in in forma di flash mob in aula delle opposizioni Photo Credit: Agenzia Fotogramma
04 giugno 2025, ore 16:30
Esultano la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il vicepremier leghista Matteo Salvini, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e la maggioranza, ma il centrosinistra promette battaglia anche 'fuori' dopo aver denunciato "l'umiliazione del Parlamento"
Il dl Sicurezza diventa legge con l'ok definitivo del Senato alla fiducia posta dal governo, ma in Aula, dove è (quasi) rissa, va in scena il primo sit-in della legislatura delle opposizioni, giusto in vista di un fine settimana in cui Pd, M5s e Avs porteranno in piazza il loro popolo, sia pure per sfilare "contro lo sterminio in corso a Gaza". Intanto, sul decreto che fa esultare la premier Meloni, e il vicepremier leghista, Matteo Salvini, promettono battaglia anche 'fuori' dopo aver denunciato "l'umiliazione del Parlamento".
Il flash mob
Al flash mob non partecipa Italia viva, che dichiara la sua totale contrarietà al provvedimento ma rivendica una postura "istituzionale" né vi prende parte Azione, anche se il leader Carlo Calenda in Aula perde le staffe dopo che il presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni lancia, non in punta di fioretto, accuse ritenute infamanti dalle opposizioni. "Per chi propugna la dottrina Salis e porta in Parlamento chi predica le occupazioni abusive - ha detto l'esponente FdI - capisco che preferiate stare dalla parte della criminalità organizzata anziché della povera gente", è la frase che accende gli animi e la bagarre nell'emiciclo. Contro Balboni, che ha preso posto nei banchi dei relatori, in basso di fronte agli scranni del governo, si scagliano in tanti da Pd, M5s e Avs e pure Calenda che ('a brutto muso', riferiscono) in sostanza, gli dice, "a me non dai del criminale organizzato, se vuoi fare il fascista di Colle Oppio ci vediamo a Colle Oppio".
I commessi
Sono i commessi a fare, come sempre, da 'pacieri', mentre la presidenza passa alla Dem Anna Rossomando, frapponendosi tra i contendenti che si lanciano reciprocamente strali a, partire dall'epiteto 'fascisti', più volte ripetuto dalle opposizioni che ancora prima avevano gridato contro il decreto del governo 'vergogna, vergogna'. Con flemma, in realtà, all'inizio, aveva accolto la protesta delle minoranze, il presidente del Senato, Ignazio La Russa: di fronte ai senatori delle opposizioni che prendevano posto per terra nell'emiciclo, alzando le mani a significare 'arrestateci tutti', li aveva accolti dicendo che non voleva arrivare a sospendere la seduta. Così non è stato, però, 'costretto' a farlo dalla richiesta di convocare una riunione della Conferenza dei capigruppo. Ed è proprio qui che lo scenario si è allargato alle altre riforme calde che attendono il vaglio dell'Assemblea: prima tra tutte quella della separazione delle carriere dei magistrati attesa in Aula per il prossimo 11 giugno. L'arco delle forze che si oppongono al governo chiede tempo per esaminare ancora il provvedimento sulla Giustizia che modifica la Costituzione. Chiede uno slittamento a settembre che, a Palazzo Madama, è improbabile venga accolta tout court dalla maggioranza. Bastano le parole del capogruppo FdI, Lucio Malan, a farlo presagire: "Ricordo che questa riforma della giustizia è al Senato da 142 giorni, la riforma Renzi durò in commissione 86 giorni e la riforma Renzi comportava la modifica di 53 articoli della Costituzione mentre la riforma Nordio comportava la modifica 7 articoli della Costituzione, per cui non stiamo facendo nulla di strano, purtroppo il lavoro che viene fatto in commissione, essendo fatto tutto di ostruzionismo, non porta a risultati utili, per cui noi al momento non pensiamo di ritardare".
Il sì finale
Tra dichiarazioni di voto e 'chiama' si arriva al sì finale con 109 voti favorevoli, 69 contrari e un astenuto. Chi non ha votato è Stefano Patuanelli, capogruppo M5s, in segno di protesta: "Non parteciperò al voto dopo il vergognoso intervento di Balboni - ha detto - Quando la mia città ha visto un gruppo no vax e no green pass bloccare il porto e le forze dell'ordine sono intervenute voi con chi stavate? Il ministro Salvini con chi stava? Con le forze dell'ordine o con i no vax?". E' proprio il ministro dei Trasporti e vicepremier della Lega, a esultare per l'obiettivo raggiunto con l'approvazione del dl mentre in Senato la chiama è ancora in corso: "E' una bella giornata perché finalmente il decreto Sicurezza è legge e, da ministro, da genitore e da segretario della Lega, sapere che ci sono più poteri e tutele per le forze dell'ordine, ci sono gli sgomberi immediati per le case occupate abusivamente è un bene", scandisce davanti ai giornalisti. "Io adoro chi protesta, non chi blocca la Tangenziale rovinando la giornata a migliaia di lavoratori", incalza. Anche il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, parla di "passo decisivo per rafforzare la tutela dei cittadini". Ma 'l'altra parte' del Parlamento insiste: le nuove norme della "destra di regime" significano "repressione" e non, scandisce il dem Boccia, maggiore Sicurezza per i cittadini.