Dentro il raid segreto in Qatar, come Israele ha colpito Hamas

Dentro il raid segreto in Qatar, come Israele ha colpito Hamas Photo Credit: Ansa Foto/Abir Sultan
10 settembre 2025, ore 12:30
Un’operazione militare senza precedenti con droni invisibili, caccia stealth e spie sul campo che hanno sfidato le difese del Qatar
Il raid compiuto da Israele in Qatar rappresenta un salto di qualità nelle operazioni segrete condotte dallo Stato ebraico contro Hamas. Non soltanto per la distanza dalle proprie basi — oltre 1.600 chilometri — ma soprattutto perché l’azione ha avuto luogo in un Paese considerato non ostile, alleato degli Stati Uniti e dotato di difese aeree moderne. Un colpo che ha infranto più di un tabù, mettendo in luce quanto sofisticato e ramificato sia diventato l’apparato d’intelligence e la macchina militare israeliana.
IL LAVORO DI INTELLIGENCE DELLO SHIN BET
Tutto è iniziato con la fase di raccolta delle informazioni. Gli agenti dello Shin Bet, il servizio segreto esterno, hanno seguito per settimane i movimenti dei leader di Hamas in esilio, riuscendo a individuare il luogo e il momento in cui diversi esponenti del movimento si sarebbero riuniti a Doha. Dopo l’uccisione a Teheran, nel luglio 2024, del capo politico Ismail Haniyeh, le misure di sicurezza intorno alla dirigenza palestinese erano state portate al massimo livello. Eppure, i servizi israeliani sono riusciti a penetrare quel muro di protezione. Gli 007 hanno sfruttato più strumenti: intercettazioni mirate, microtelecamere nascoste nei pressi degli edifici sospetti e forse intrusioni nei sistemi urbani di sorveglianza del traffico. Una rete di informatori e agenti infiltrati, spesso reclutati fuori da Israele per sfuggire a controlli diretti, ha fornito il riscontro necessario per validare i dati. Persino i satelliti ottici hanno contribuito dall’alto, osservando i movimenti con un dettaglio tale da permettere la sincronizzazione tra campo e aria.
L'OMBRA DEI SUPER DRONI STEALTH ISRAELIANI, COSA SONO E QUANTO SONO LETALI
Tra le tecnologie in gioco ci sarebbero stati anche sistemi di nuova generazione. Alcuni documenti trapelati, mai smentiti da Washington, indicano che Israele disponga di una flotta di droni stealth a lungo raggio, noti come RA-01, di stanza nella base aerea di Ramon, nel deserto del Negev. Questi velivoli, progettati per essere virtualmente invisibili ai radar, garantirebbero ricognizione discreta e capacità di attacco in aree ad alta densità di difese aeree. Se davvero un RA-01 avesse sorvolato Doha nei giorni dell’operazione, avrebbe potuto raccogliere informazioni cruciali, trasmettendole ai centri di comando israeliani e al Gulfstream Oron, il velivolo da sorveglianza e guerra elettronica che ha diretto l’assalto. Oltre a smistare dati e immagini, l’Oron è in grado di generare impulsi che confondono selettivamente i radar nemici, creando “zone cieche” senza allarmare l’intero sistema di difesa.
GLI F-35I, COSA SONO I CACCIA STEALTH USA MODIFICATI DA ISRAELE
Quando la localizzazione dei bersagli è stata confermata, è scattata la fase esecutiva. La Heyl Ha’Avir, l’aviazione militare israeliana, ha messo in volo una squadra di almeno dieci velivoli. Tra questi tre-quattro cisterne volanti per garantire il rifornimento in rotta, un Oron per il coordinamento e cinque caccia F-35I “Adir”. Questi ultimi, versione israeliana del caccia stealth americano, sono stati potenziati con sistemi elettronici unici che li rendono più versatili rispetto agli esemplari in dotazione alla Nato. Armati di bombe plananti a basso potenziale esplosivo, hanno potuto colpire con precisione chirurgica. Le immagini mostrano che soltanto un piano dell’edificio dove si teneva la riunione è stato distrutto, mentre i veicoli parcheggiati all’esterno sono rimasti intatti: segno che le bombe potrebbero essere state guidate da laser piuttosto che da sole coordinate GPS.
LA PERFETTA SINCRONIZZAZIONE TRA SERVIZI SEGRETI E CACCIA SUL CAMPO
Il punto più delicato è stato il coordinamento temporale. Dalla partenza dei caccia fino all’impatto delle bombe sono passate quasi due ore, un intervallo in cui sarebbe bastato uno spostamento imprevisto dei dirigenti di Hamas per far fallire tutto. Proprio per questo la collaborazione tra agenti sul campo, droni, satelliti e piloti è stata cruciale. Solo l’ultima conferma arrivata da Doha ha dato il via libera definitivo all’attacco.
IL BILANCIO RIMANE INCERTO
Il bilancio dell’operazione resta incerto: Hamas sostiene che i suoi leader siano sopravvissuti, mentre fonti locali parlano di vittime tra delegati palestinesi e forze di sicurezza qatariote, con almeno un funzionario del ministero dell’Interno ucciso. Ma, al di là dei numeri, il messaggio lanciato da Israele è chiaro: nessun luogo, neppure un Paese amico degli Stati Uniti con difese avanzate, può considerarsi al sicuro.