Cento pastori dal Kirghizistan per salvare gli allevamenti sardi

Cento pastori dal Kirghizistan per salvare gli allevamenti sardi

Cento pastori dal Kirghizistan per salvare gli allevamenti sardi


La Sardegna combatte l'abbandono delle terre rurali ospitando cento pastori kirghisi che si occuperanno degli allevamenti preservando la tradizione agroalimentare della regione

È forse un’utopia l’idea di salvare gli allevamenti, la tradizione agroalimentare, le terre italiane ormai incolte attraverso l’accoglienza di pastori stranieri? Non è un sogno per la Sardegna, anzi è un progetto già avviato che vede come protagonisti il ministro del lavoro del Kirghizistan e Coldiretti. Un programma che permetterebbe a lavoratori provenienti dall’estero di ricoprire impieghi ormai non più svolti dagli abitanti locali.

IL PROGETTO PILOTA

Nei tre distretti rurali di Sassari, della Barbagia e di Sarrabus è previsto l’arrivo di un centinaio di pastori di età compresa tra i 18 e i 45 anni provenienti dalla regione del Kirghizistan, repubblica ex sovietica dell’Asia centrale. Il progetto prevede un vaglio dei candidati tramite un bando nazionale in vista di un percorso di formazione e integrazione nel tessuto socioculturale Sardo. Nonostante l’enorme distanza tra le due terre, la Sardegna e il Kirghizistan hanno in comune l’attività di allevamento ovino e la realizzazione di formaggio di latte di pecora. L’integrazione dei neo-pastori sarebbe assistita da mediatori culturali che permetterebbero la loro sistemazione nelle tante case inabitate nei piccoli centri dell’isola, con possibilità lavorative anche per le mogli nell’ambito dell’assistenza famigliare. Un piano, insomma, alquanto articolato che punta a contrastare l’abbandono delle terre e il calo di nascite nell’ottica di conservare tradizioni ben radicate con la storia culturale sarda che rischiano di scomparire per sempre.


IL RECUPERO DELLA MANOVALANZA

Gli italiani interessati a lavorare in settori come l’agricoltura e l’allevamento sono ormai in netto calo da anni. Al contempo le ultime rilevazioni testimoniano un aumento del numero di lavoratori stranieri provenienti da ben 164 paesi (la maggioranza da Romania, Marocco, India e Albania). La maggior parte di essi sono in situazioni precarie dal punto di vista della retribuzione e dell’inquadramento contrattuale, per questo il progetto proposto dalla sezione sarda della Coldiretti prevede una prima fase di apprendistato e poi un impiego a tempo indeterminato, nel pieno rispetto della legalità.

Coldiretti, infatti, sottolinea che “l’immigrazione legale è un valore per un Paese come l’Italia, dove un prodotto agricolo su quattro viene raccolto da mani straniere, con 358 mila lavoratori regolari provenienti da ben 164 Paesi diversi che sono impegnati regolarmente nei campi e nelle stalle, fornendo più del 30% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore”.



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