Banda di usurai che agiva tra Palermo e Roma sgominata, applicava tassi fino al 140% sul denaro prestato

Banda di usurai che agiva tra Palermo e Roma sgominata, applicava tassi fino al 140% sul denaro prestato

Banda di usurai che agiva tra Palermo e Roma sgominata, applicava tassi fino al 140% sul denaro prestato


Tra le vittime imprenditori, professionisti, antiquari e il noto conduttore radiofonico Marco Baldini, non nuovo a questo tipo di esperienze, la banda gestiva un ristorante a Palermo


Nell’era del Covid ci sono state alcune attività che sono diventate più floride, se possibile, profittando anche degli aumentati bisogni di chi si è trovato in difficoltà.  La Guardia di Finanza di Palermo ha eseguito cinque misure cautelari e sequestrato beni per circa 500 mila euro ai danni di componenti di una organizzazione criminale accusati di associazione a delinquere, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, usura, estorsione e autoriciclaggio. Uno è in carcere, tre ai domiciliari a uno è stato imposto anche il divieto di dimora nel territorio del capoluogo siciliano.

Le indagini partite da Palermo, la banda di usurai agiva tra la Sicilia e Roma

L’inchiesta, l'operazione Tonsor,  è stata condotta dal Nucleo di polizia economico - finanziaria di Palermo, che ha a capo il colonnello Gianluca Angelini. Sono servite intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese con il tracciamento dei flussi finanziari. L’organizzazione criminale, secondo quanto è emerso, a partire dal 2016, erogava prestiti con l’applicazione di tassi di interesse di tipo usurario nei confronti di decine di persone nell’area palermitana e romana, per un ammontare complessivo di circa 150.000 euro. Una quota dei proventi illeciti intascati sarebbero stati poi «autoriciclati» dal figlio di uno degli indagati, che collaborava con il padre nelle azioni criminali, ma anche in un’attività economica nel settore della ristorazione nella zona della movida palermitana. Ci sono altre persone che avrebbero agito a vario titolo come intermediari, entrando in contatto con le vittime, proponendo i piani di rientro e controllando la scadenza delle rate concordate.


Il sistema basato su assegni posdatati

La banda usava un sistema basato sul rilascio di assegni postdatati utilizzati a garanzia dei prestiti erogati e su dazioni in contanti, prive di qualunque tipo di tracciabilità, con l’obiettivo di rendere invisibili i flussi di denaro. Ai prestiti sarebbero stati applicati tassi di interesse fino al 140% annuo. Per riavere i soldi gli indagati hanno esercitato minacce. Più o meno velate nei confronti delle vittime. Il controllo delle banche dati, hanno messo in evidenza la netta differenza, tra i beni nella disponibilità degli indagati e i redditi dichiarati. Il gip ha disposto il sequestro dei locali del un ristorante nel quartiere «Capo» di Palermo, di due immobili, una potente moto e alcuni conti correnti.


Imprenditori, professionisti, antiquari, ma anche il conduttore Marco Baldini

Il capo era Salvatore Cillari, fratello di un boss ergastolano è finito in carcere, ai domiciliari il figlio Gabriele, che riciclava i soldi nel locale alla moda “L’Acerba”, sequestrato, che si trova a pochi metri dal palazzo di giustizia di Palermo. Dell’organizzazione facevano parte anche Matteo Reina e Giovanni Cannatella, anche ai domiciliari e Achille Cuccia che ha avuto il divieto di dimora a Palermo. La banda operava tra Palermo e Roma. Cillari era di casa nella Capitale come risulta soprattutto dalle intercettazioni delle drammatiche conversazioni con il conduttore radiofonico Marco Baldini che, tra il 2017 e il 2018, era finito nella rete di questi strozzini, dopo esperienze con altre bande. «Com'è finita Marco co 'sti soldi? Manco una lira», gli diceva Cillari, non sapendo di essere intercettato. «Domani ci vediamo, stai tranquillo», rispondeva Baldini. Ma il debito non veniva saldato e l’usuraio continuava a pressare la vittima. «Venerdì vengo a Roma e ci resto fino a venerdì», aggiungeva Cillari con tono minaccioso.


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